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Umbra e il tunnel di Cascina Moro
Nell’anno del Signore 1503, tra le mistiche terre di San Donato Milanese, dove si racconta che vi fossero paludi abitate da spiriti celtici, il castello di Cascina Moro s’ergeva fiero come bastione della famiglia D’Adda.
Celato sotto le robuste fondamenta di questa nobile dimora di campagna, vi era un segreto che solo pochi conoscevano: un tunnel segreto che si diceva portasse all’Abbazia di Chiaravalle e, ancor più inquietante, mettesse in contatto con entità sovrannaturali.
Ludovico D’Adda, il giovane e carismatico signore del castello, era coraggioso ma segnato da una curiosità insaziabile che spesso lo metteva in pericolo. Sua sorella Isabella, dotata di una bellezza eterea e di un’intelligenza acuta, era esperta di erboristeria e arti occulte.
I due erano affascinati da Frate Bernardo, un monaco dell’Abbazia di Chiaravalle, custode di antichi segreti e profondamente legato alla famiglia D’Adda; Frate Bernardo raccontava loro episodi affascinanti e mistici di cui era stato testimone e che i giovani amavano ascoltare. I fratelli erano gli unici a sapere che questo frate altri non era che la rincarnazione di chi, da secoli, proteggeva il luogo in cui loro vivevano. Frate Bernardo, ogni volta che si rincarnava, sceglieva chi fosse in grado di capire la missione che gli era stata affidata e che avrebbe potuto mantenere il segreto, in questa vita scelse Isabella e Ludovico.
Ludovico e Isabella, quindi, avevano sempre sentito storie sul tunnel proibito, ma solo quando trovarono un antico manoscritto nascosto nella biblioteca del castello, decisero di indagare. Il manoscritto parlava di riti misteriosi e della possibilità di comunicare con entità di altri mondi. Una notte, armati di torce e coraggio, i due fratelli aprirono una botola nascosta sotto un vecchio tappeto nel salone principale. Iniziarono la loro discesa in un passaggio oscuro e umido. Le pareti erano adornate di antichi simboli e scritture arcane.
Dopo ore di cammino, giunsero a una grande sala sotterranea dove trovò posto un altare di pietra. Frate Bernardo li attendeva lì, immerso in un’aura di solennità. I fratelli erano ormai pronti ad andare oltre, era quindi giunto il momento del rituale. Accesero candele disposte in un cerchio perfetto intorno all’altare, e cominciarono a recitare le antiche parole scritte nel manoscritto. All’improvviso, una nebbia densa si sollevò dal pavimento, e la stanza fu avvolta da un’energia fredda e palpabile. Davanti ai loro occhi apparvero figure eteree, entità sovrannaturali che sembravano fluttuare tra i mondi.
Le entità, inizialmente pacifiche, rivelarono una saggezza antica e offrirono visioni di mondi oltre la comprensione umana. Ludovico e Isabella erano affascinati e spaventati allo stesso tempo, ma continuarono a esplorare questa nuova realtà. Le entità li guidarono attraverso riti e conoscenze che trascendevano il mondo terreno.
All’improvviso qualcosa andò storto. Una delle entità, più oscura e potente delle altre, cominciò a manifestare segni di malevolenza. Si chiamava Umbra, un essere che aveva perso l’equilibrio tra i mondi, divorato dal desiderio di potere. Le candele si spensero una dopo l’altra, e la sala fu immersa nell’oscurità. Isabella sentì un’ondata di terrore e cercò di interrompere il rituale, ma era troppo tardi. Con un boato assordante, il tunnel cominciò a crollare. Frate Bernardo urlò agli altri di fuggire, ma lui stesso rimase intrappolato sotto le macerie. Ludovico riuscì a trascinare sua sorella fuori dal tunnel, ma la via d’uscita si sigillò per sempre.
Umbra, consapevole del caos che avrebbe scatenato se fosse riuscita a passare nel mondo terreno, in un atto inaspettato di giustizia ed equilibrio, decise di chiudere il passaggio. Con le sue ultime forze, evocò un incantesimo che sigillò il tunnel, proteggendo entrambi i mondi dal suo stesso potere distruttivo. Questo atto di redenzione fu la sua ultima presa di coscienza, un tentativo di ristabilire l’equilibrio che aveva rotto.
Da quel giorno, il castello Moro fu chiuso al pubblico. La famiglia D’Adda decise di mantenere il segreto per evitare che la riapertura del tunnel potesse liberare nuovamente l’entità malvagia che avevano risvegliato. Di Isabella e Ludovico non si seppe più nulla.
Gli abitanti del villaggio raccontavano storie di luci misteriose e di voci che si udivano nelle notti più buie. Il castello divenne un luogo di leggende e paure, e il nome D’Adda fu legato per sempre a quel terribile segreto. Solo pochi sanno la verità, e ancor meno hanno il coraggio di avvicinarsi al vecchio castello, temendo che il tunnel possa riaprirsi e scatenare l’inferno sulla terra; per questo un antico e imponente portone ligneo sigilla l’entrata quasi a rappresentare un monito a tutti i curiosi.
Deborah Esposito – EVF Questo racconto è un racconto di fantasia che non fa alcun riferimento, se non di suggestione, a fatti storici documentati.