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Il canto e il silenzio di Viboldone

Campi di Girasole

Il canto e il silenzio di Viboldone: La campagna silenziosa e umida si apre davanti al mio orizzonte e il campanile, nella sua magnificenza, si erge guardiano del monumento e dell’intera zona agricola.

La mattina cammino in solitudine, un po’ per terapia e un po’ per passione.
Oggi, non del tutto coscientemente, ho deciso di incamminarmi a piedi lungo la via Emilia e fino all’Abbazia di Viboldone.

Avrei potuto scegliere itinerari più suggestivi per raggiungere l’abbazia, ma l’idea era proprio quella di passare nelle viscere di questa antica arteria stradale, per riemergere in un borgo isolato, in mezzo alla campagna, lungo il corso del canale Vettabbia.

Sono partita da Borgolombardo, piccola frazione di San Giuliano Milanese e come sempre mi sono persa ammirando alcune villette dei primi del novecento che emergono dall’asfalto e dal freddo cemento dell’architettura moderna.

Una in particolare, disabitata anche se di proprietà privata, in stile liberty e che purtroppo, come molti altri piccoli e anonimi gioielli urbanistici della zona, sta conoscendo un lento declino che la porterà ad essere irrecuperabile. Una scalinata in pietra perde i pezzi pur rimanendo bellissima e ora sono state estirpate anche antiche palme che troneggiavano nel giardino e che proteggevano la struttura dagli occhi indiscreti dei passanti curiosi come me.

in viaggio verso Viboldone
in viaggio veso Viboldone
in viaggio veso Viboldone
in viaggio veso Viboldone
in viaggio verso Viboldone

Proseguendo, i palazzoni costruiti negli anni settanta deturpano e imbruttiscono la vetusta via romana, ma in prossimità della stazione ferroviaria di San Giuliano Milanese antiche case decadenti che si affacciano su un canale, fanno mostra de loro immortale fascino popolare. Il canale è in secca e qualche papera fa il bagno in piccole pozze.

Oggi la pioggia persistente del primo mattino e la solitudine in cui consumo i miei passi, rende tutto più ovattato e malinconico, ma anche spirituale.

Imbocco il sottopasso della stazione e mi ritrovo nelle campagne, lungo il viale alberato che porta al borgo di Viboldone; la domenica questa zona pullula di gente che passeggia distratta in compagnia, oggi sono sola.

La campagna silenziosa e umida si apre davanti al mio orizzonte e il campanile, nella sua magnificenza, si erge guardiano del monumento e dell’intera zona agricola.

in viaggio verso Viboldone

Entro nel borgo, la quiete mi avvolge e la bellezza di quella che è una delle più importanti e meglio conservate opere del medioevo lombardo, mi accoglie. Inaspettatamente i cancelli sono aperti, ma il millenario portone in legno dell’abbazia è chiuso. Mi avvicino scattando foto e vengo rapita dal canto religioso di un coro femminile, devo essere arrivata all’ora dei vespri mattutini delle monache Benedettine. Naturalmente rimango in silenzio a godere di questo privilegio fuori dall’edificio religioso.

L’interno in questa mia improvvisata escursione, oggi mi è precluso, ma sicuramente merita di essere ammirato nei suoi tratti gotici, ammorbiditi da affreschi floreali da poco restituiti al loro splendore

in viaggio verso Viboldone
in viaggio verso Viboldone
in viaggio verso Viboldone
in viaggio verso Viboldone

Conosco bene il borgo, ma decido comunque di fare un breve giro; con un filo di tristezza devo constatare che, a dispetto dell’origine operosa di questi luoghi di gente dedita al lavoro, le bellissime cascine non hanno avuto la stessa fortuna dell’abbazia e si presentano quasi tutte disabitate e in rovina, qui gli operai vengono solo per lavorare i campi e stoccare i raccolti.

Molti di questi edifici hanno un valore storico millenario, ma non tocca a me raccontarne le caratteristiche, certo la bellezza e la decadenza creano una strana armonia in questa giornata uggiosa, ma meglio sarebbe se questi mattoni medioevali incontrassero la voglia di ridare attrattiva al bellissimo e accogliente borgo “degli umiliati”, affinché non diventi il fantasma testimone di una comunità estinta.

Si è fatto tardi, scatto ancora qualche foto, alzo il cappuccio, apro l’ombrello e torno a casa.