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Castello Mediceo di Melegnano

Il castello Mediceo di Melegnano, situato nell’omonima città Lombarda, è il risultato architettonico di una serie di stratificazioni dovute al susseguirsi di diverse dinastie al potere, succedutesi dal XIII al XVII secolo.
Il primo receptum su cui poi sorse il castello attuale, venne edificato a partire dal 1243 per volontà di Cattellano Carbone, podestà di Milano. Il castello venne edificato su una precedente fortificazione presente nel medesimo luogo e distrutta nel 1239, anche per contrastare le continue scorribande dell’imperatore Federico II, nipote di Federico Barbarossa. Nel 1279, i guelfi e i ghibellini di Milano vi sottoscrissero un trattato di pace.

La struttura venne poi fortemente ampliata per iniziativa dei Visconti, assumendo la classica struttura a quadrilatero con torri quadrate angolari. Nel 1512 il castello passò ai marchesi Brivio che nel 1532 lo vendettero con l’intero feudo di Melegnano e con approvazione dell’imperatore Carlo V, nuovo duca di Milano, a Gian Giacomo Medici. La famiglia dei Medici rimase proprietaria della struttura sino al 1981, quando gli ultimi eredi decisero di venderlo alla provincia di Milano, che due anni più tardi, tramite una permuta, decise di lasciare alcune sale in uso all’amministrazione comunale di Melegnano. Nel 1998 venne avviato il restauro completo degli esterni del castello, passando poi alle sale interne che riportano affreschi della metà del XVI secolo. Nel 2001 quando il complesso è stato riaperto ai visitatori, è stata inaugurata anche la “Civica raccolta don Cesare Amelli”, parroco e storico locale.

Il castello di Melegnano si presenta attualmente con una atipica pianta a forma di “U” dal momento che la parte sul retro fu distrutta per volere del duca Francesco Sforza nel 1449, nel corso di un attacco al castello.
 È realizzato completamente in laterizi, col fronte principale verso l’attuale piazza della Vittoria, unica parte “originale”, con l’eccezione dei finestroni, ora di forma rettangolare, che furono modificati rispetto agli originali archi acuti. Al termine delle mura, appena sotto l’attuale tetto, sono ancora visibili le merlature di stile guelfo.
Agli angoli della struttura, ancora oggi si possono vedere due delle quattro torri originarie, i cui lati sono lunghi 10 metri. I lati del castello sono invece lunghi 75 metri. Internamente la corte appare porticata ad archi a tutto sesto con bugnato: qui un tempo si trovavano delle abitazioni oltre alle stalle e ai depositi del fieno.
Anche il fossato, noto con il nome di “Fossa Medici”, oggi ancora parzialmente visibile, che comunica con il fiume Lambro, costituisce una importante testimonianza dell’epoca medicea.
Varcato il portone centrale in cotto, si accede allo scalone d’onore che conduce ai piani superiori: esso è composto da scaglioni di mattoni disposti a spina di pesce, separati tra loro con cordoni di sasso, di modo da permettere la salita anche tramite i cavalli.

Cicli pittorici

Il castello di Melegnano, presenta una serie di cicli pittorici risalenti al Cinquecento, perlopiù di mano ignota, volti a celebrare la famiglia dei Medici di Marignano.
Le decorazioni, che rivestono completamente le sale al primo piano del castello, costituiscono importanti testimonianze dello stile pittorico denominato Manierismo lombardo. Tutte le pitture sono ad affresco con alcune rifiniture a secco. Purtroppo, a causa dell’umidità e della trascuratezza, alcune di queste opere, in particolare quelle poste sulle pareti verso l’esterno dell’edificio e generalmente nella parte inferiore delle stanze, sono state pesantemente danneggiate.
Molti di questi affreschi hanno tema mitologico ed eroico, oppure rimandano alla contemporaneità del Cinquecento.
L’atrio del castello è dipinto con una serie di motivi floreali, mentre sullo scalone è dipinto ad affresco sulla volta il mito di Fetonte che guida il carro del sole, accompagnato dallo stemma di Giangiacomo Medici. Sulle pareti, inquadrati da una finta balaustra, trovano spazio una serie di paesaggi.
In quest’area è presente anche la figura di Marte, ritenuto il mitico fondatore della città di Firenze, accompagnato dallo stemma dei Medici. Al suo fianco, si trova lo stemma della famiglia Borromeo e quello dei Medici di Marignano. Sulla parete opposta si trova raffigurato il mito di Ganimede rapito dall’aquila di Giove per la sua troppa bellezza. Ai lati l’affresco presenta due stemmi nobiliari, l’uno di Augusto Medici, fratello di Gian Giacomo, e l’altro della famiglia Von Ems zu Hohenems  di cui Wolfgang Theodoric aveva sposato la sorella di Giangiacomo  Medici, Clara.
Al di sopra degli affreschi, si trova invece la figura di un brigantino appartenuto a Gian Giacomo ed affiancato dal motto “Salva nos vigilantes” (“Salva noi vigilanti”). Opposto a questo si trova un affresco con il motto “Non frangitur pondere virtus” (“Il peso non spezza la virtù”).
Degne di nota sono poi la Sala del Camino di Siena, un monumentale camino in pietra del 1500, e la Sala dell’Imperatore, anch’essa dotata di un monumentale camino, e interamente dedicata dai Medici agli imperatori del Sacro Romano Impero, in particolare Carlo V. Nella Sala dell’Imperatore, vengono rappresentate diverse figure allegoriche, rappresentanti la Musica (una donna che suona un’arpa) ed un’altra figura di difficile lettura a causa dei pesanti danni subiti nei secoli, la Fortezza (una donna affiancata da una colonna) e la veduta della città di  Worms. Seguono le allegorie della Fede (una donna che regge una croce, un ostensorio, un panno bianco e con un libro ai piedi) e della Giustizia (una donna che sorregge una spada e una bilancia). Di fianco si trova la raffigurazione della città di Colonia, dove appare chiaramente distinguibile la figura della cattedrale cittadina che, iniziata nel 1248, a metà Cinquecento appariva ancora incompleta (verrà completata solo nell’Ottocento). Si distinguono poi le allegorie della Temperanza (una donna che versa dell’acqua da un recipiente all’altro) e della Pace (una donna che tiene una cornucopia). La raffigurazione successiva è quella della città di Erfurt, seguita dalla virtù della Speranza (una donna che medita davanti ad un vaso) e quindi la veduta della città di  Fulda. Segue quindi la raffigurazione allegorica della Grammatica (una donna che tiene per mano due bambini) affiancata alla città di Francoforte sull’Oder.Infine, l’allegoria della Caccia (raffigurata nella persona di Diana cacciatrice con arco e frecce).
La Sala delle Stagioni, presenta degli affreschi raffiguranti diverse divinità greche e romane, tutelari delle diverse stagioni dell’anno, mentre la Sala delle Battaglie è contraddistinta dalla presenza nel fascione superiore affrescato di nove scene di battaglia dirette da Gian Giacomo Medici, nei luoghi dove egli operò come condottiero (prevalentemente il lago di Como) prima di divenire marchese (prima del 1532).
La Sala di Ercole, che svolgeva la funzione di corridoio per accedere alle altre stanze del piano superiore, è contraddistinta da 18 affreschi che rappresentano degli episodi della vita di Ercole, simbolo del vigore e della robustezza fisica, oltre che della generosità e dell’altruismo.
La Sala degli Argonauti, attigua alla Sala di Ercole, era lo studio privato del marchese di Melegnano, dove egli riceveva gli amici più intimi. Alle pareti, gli affreschi che descrivono il mito di Giasone e degli Argonauti.
La successiva Sala degli Stemmi, successiva a quella degli Argonauti, è contraddistinta nella parte superiore delle quattro pareti da sedici dipinti di stemmi di importanti famiglie nobili, imparentate o alleate dei Medici di Melegnano. Nei secoli la sala venne successivamente adattata a cappella privata ad uso della famiglia.
Nella Sala di Enea, si riprende il mito dell’eroe greco in Italia che, dopo la distruzione di Troia, partì con alcune navi alla ricerca di fortuna sbarcando nel Lazio e dando vita alla civiltà romana, secondo il mito. Gli affreschi sono inquadrati in finte architetture affrescate e da figure di putti.
Infine, la Saletta di Pio IV, affrescata con il ritratto del pontefice, presenta anche una serie di affreschi ispirati a “Le Metamorfosi” di Ovidio. Le raffigurazioni classiche sono separate tra loro da una serie di allegorie che rappresentano le arti come la Retorica, l’Astronomia, l’Aritmetica e la Dialettica. Sotto la Grammatica si trova la scritta ACITAMARG, cioè il nome dell’arte raffigurata scritto al contrario.