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“Lungo il Sentiero delle Abbazie: Un Viaggio di Scoperta e Contemplazione”
Due giorni in cammino lungo il Sentiero delle Abbazie – parte 1 (Peschiera Borromeo – Abbazia di Chiaravalle)
Sommario
Introduzione
Arrivati a una certa, penso che il più bel dono per celebrare l’essere al mondo sia il tempo.
Che non c’è mai, che non basta mai e che quando c’è si spreca assai.
E trovo che il cammino, per quanto corto o lento, ne sia una piccola celebrazione: ridimensiona il tempo nello spazio, pur allargandone gli orizzonti; rallenta il vortice fuori e dentro, cura il dettaglio e il respiro; fa lasciare indietro il superfluo; cambia le prospettive.
In aprile mi sono quindi regalata due giorni diversi insieme a mio figlio, alla scoperta a passo lento del territorio dietro casa, quello che si intravede dalle tangenziali o dai finestrini di un passante ferroviario, ma che ero certa potesse regalare tesori preziosi a chi ci si sofferma con spirito curioso.
Il Sentiero delle Abbazie formalmente parte da Milano (da Duomo o da Porta Romana, già in direzione Sud-est). Si immette poi in Viale Forlanini per deviare verso il borgo di Monluè.
A noi, che residiamo a Peschiera Borromeo ai margini del Parco Agricolo Sud, piaceva l’idea di raggiungere la prima tappa partendo direttamente da casa, attraversando i primi km tra campi e piccole aree boschive, sapendo che lungo il percorso questi sarebbero stati presto sostituiti da traffico e cemento.
Come dei veri pellegrini o meglio, come due Hobbit all’inizio della loro avventura, abbiamo chiuso la porta di casa e, zaino in spalla, ci siamo avviati.
SAN BOVIO / PESCHIERA BORROMEO – MONLUÈ
Nei campi vicino a casa è facile incontrare fino agli ultimi freddi primaverili greggi di pecore che pascolano e partoriscono, prima di rientrare nelle valli bresciane e bergamasche. Ora il trasporto avviene a bordo di camion – mi raccontava qualche anno fa il pastore Michele – ma ogni volta che mi ci imbatto penso a come deve essere stata suggestiva la lenta transumanza a piedi
Ci addentriamo nel Bosco del Carengione, nostro luogo del cuore; costeggiando lo stagno fortunatamente riempitosi dopo il periodo di siccità, ci avviamo verso Mezzate
Ci prendiamo il tempo di un caffè e di due cannoli energizzanti in Piazza della Costituzione e riprendiamo il cammino attraversando le frazioni di Bellingera e Monasterolo: strade percorse mille volte in macchina acquistano una prospettiva diversa e il tempo veloce e normalmente vuoto ora rallenta e si riempie di chiacchiera.
Percorrere la tortuosa via Milano da Peschiera Borromeo a Linate costeggiando la pista di atterraggio degli aerei è sempre suggestivo; farlo a piedi – o in bicicletta – fa scorgere le anse del vicinissimo Lambro, che affianca l’Oasi Levadina gestita dal WWF, e le pance degli aerei, quando atterrano a poche decina di metri dalla testa.
Via Mecenate e via Fantoli ci fanno entrare nella periferia grigia e trafficata di Milano e delle sue tangenziali.
Ma quando dopo pochi km si entra nel borgo di Monluè, nonostante sia incastonato tra aeroporto e strade a veloce percorrenza, si accede a una dimensione fuori dal tempo.
Monluè
Una manciata di case, raccolte intorno alla Grangia degli Umiliati fin dal Duecento, si rivelano un’oasi tranquilla e silenziosa.
Chiudo gli occhi e le orecchie e penso a come questo luogo doveva apparire secoli fa: una piccola abbazia isolata, in mezzo a boschi e paludi, popolata da lupi e briganti, così lontana dalle mura della città. Un piccolo luogo fuori dal tempo, addomesticato dai monaci Umiliati, che a poco a poco lo resero un borgo fiorente, parte integrante dell’abbazia, grazie ai profitti ricavati dalle coltivazioni e dalla lavorazione della lana.
Ora, in questo luogo tranquillo ai confini della periferia milanese, trovano posto due strutture di accoglienza per rifugiati: l’associazione La Grangia e Casa Monluè – quel grande edificio giallo che si vede dalla tangenziale, un tempo scuola.
Le locandine a fianco della Chiesa invitano a momenti di integrazione e condivisione, a partire dal cibo, che unisce sempre nella diversità.
Dal recupero dell’antica cascina nascerà La Corte del Bene Comune, un insieme di spazi pensati non solo per rispondere ai bisogni dei più fragili ma anche per chi vorrà vivere il borgo con uno spirito di condivisione.
Camminiamo lungo le due strade silenziose, scostiamo il portone della Chiesa di San Lorenzo, sbirciamo nel cantiere di ristrutturazione della grande corte chiusa; accediamo in punta di piedi al giardinetto di fronte all’associazione La Grangia, percorriamo i sentierini del parco che confina con il Lambro e che invita al pic-nic.
Il borgo di Monluè non è più solo un puntino giallo con un campanile tra Tangenziale e Forlanini, ma diventa un luogo con la sua storia e la sua identità in evoluzione; un luogo silenzioso, con un cuore grande che batte piano e che sono sicura si concede a chi arriva ad ascoltarlo.
In questo scenario evocativo si incastona l’Antica Trattoria Monluè, lei stessa custode di vicende storiche e testimone di un lungo passato.
Fu inaugurata addirittura nel XVI secolo da Filippo Boncompagni, cardinale nipote di Papa Gregorio XIII.
Fu citata da Alessandro Manzoni come “Hostaria del Pesce”, nel quindicesimo capitolo de “I Promessi Sposi”: Renzo sostò proprio qui durante la sua fuga da Milano!
E noi non potevamo essere da meno!
Il menu non è proprio quello sobrio da pellegrino.. piuttosto da Peregrino Tuc ^^.
Niente gamberi di fiume, specialità per cui la trattoria era nota fino a un po’ di anni fa, ma ci siamo regalati un risotto di asparagi con guanciale croccante e fonduta di castelmagno, lasciando altre prelibatezze a futuri meritevoli eventi.
Pancia piena, piedi riposati, ci rimettiamo lo zaino in spalla e riprendiamo il cammino.
MONLUE – NOCETUM
Il tratto Monluè – Nocetum attraversa trascurati e trafficati quartieri di periferia, oltrepassa Rogoredo e il suo moderno Quartiere Residenziale Santa Giulia, progettato dall’architetto Norman Foster (quello del Millennium Bridge e del 30 St Mary Axe – il Cetriolone di Londra!), per reimmettersi in Porto di Mare.
Percorrendo Via Fabio Massimo e costeggiando vecchie carrozzerie trasandate e circoli d’altri tempi mi viene in mente il crudo romanzo “Next Stop Rogoredo” di Micaela Palmieri.
Se la si imbocca nella direzione sbagliata, Via Dionigi regala qualche scorcio inaspettato, da sbiaditi orti urbani, al Cristun de Cement… Conosciuto come El Signurun de Milan, si trova su un terrazzo privato al civico 5. E’ un po’ inquietante, ma se non altro ci ha fatto capire che avevamo sbagliato direzione ^^.
Tornando sui nostri passi ritrovaimo il percorso corretto e finalmente abbandoniamo traffico e cemento per ritrovare un po’ di respiro.
Facciamo sosta all’associazione “Nocetum”, una deliziosa realtà situata nella Cascina Corte San Giacomo.
Sul cartello leggiamo che “il luogo ha origini molto antiche e prende il nome dalla presenza in passato di un bosco di noci. Un tempo utilizzato dai cristiani che scappavano dalle persecuzioni barbariche, nel Medioevo il piccolo borgo venne trasformato in grangia (fattoria) legata all’abbazia di Chiaravalle”.
La cascina accoglie al suo interno una Comunità Educativa per donne in situazione di disagio e fragilità sociale e i loro bambini.
Oltre alla casa di accoglienza, Nocetum organizza percorsi didattico-educativi per scuole e gruppi, attività di volontariato ed iniziative per favorire l’integrazione e la coesione sociale del territorio.
Dal 2016 è attiva la Cucina di Nocetum, un servizio di ristorazione con una particolare attenzione alla provenienza dei prodotti ed alla loro genuinità, pensato per favorire l’inserimento lavorativo di donne svantaggiate e non solo.
E’ una piccola oasi serena, con un piccolo orto condiviso, animali da cortile e una bottega che vende prodotti a km 0.
Ci siamo regalati un vasetto di crema cioccolato e pere, ma consiglio un passaggio anche per l’acquisto di marmellate, mieli, tisane, giardiniere.
Chiesetta di Nosedo
Adiacente all’Assocaizione Nocetum è possibile visitare la chiesetta dedicata ai santi Filippo e Giacomo, del XIII secolo, sorta su una precedente chiesa di epoca romana.
NOCETUM – ABBAZIA DI CHIARAVALLE
Dall’Associazione Nocetum la Strada delle Abbazie interseca e in parte si sovrappone ad altri due cammini, diventando un vero crocevia di percorsi di fede e storia nel Sud Milanese: Il Cammino dei Monaci e il Cammino di San Colombano.
Ci rimettiamo in cammino e dopo poche centinaia di metri entriamo nel Parco della Vettabbia: finalmente un po’ di sterrato!
Lontani dal traffico, le scarpe piene di piedi, la stanchezza è alleggerita dall’avvistamento di molti aironi cinerini e ballerine bianche.
Finalmente, dopo una ventina di Km, scorgiamo in lontananza il profilo dell’Abbazia di Chiaravalle
Arriviamo in tempo per un piccolo spuntino presso il Ristoro dell’Abbazia, dove si possono degustare semplici prodotti genuini, derivanti anche dalla tradizione monastica: da prodotti da forno a the e tisane officinali; da salumi freschi, a mieli e marmellate; dal grana padano (nato proprio nell’Abbazia di Chiaravalle!) a sidri e birre artigianali.
Sono quasi le 18: ci dobbiamo affrettare, prima che la Foresteria chiuda.
Un monaco ci attende per consegnarci le chiavi dell’alloggio dove passeremo la notte, dopo una cena in condivisione silenziosa con i monaci della comunità.
Ci rimettiamo lo zaino in spalla. A quest’ora il portone si chiude e non è più possibile visitare l’abbazia, nel rispetto delle ore di preghiera.
Lasciamo il mondo fuori. Il silenzio è un compagno gradito.
Racconto e Foto di Marina Valota